Quanto successo ieri in Roma-Parma ha giustamente generato fiumi d’inchiostro di elogio all’architetto dell’impalcatura, cioè Fonseca. Dopo novanta minuti di giochi di prestigio, tra trame a due tocchi e calcio spumeggiante, cala momentaneamente il sipario sulla narrazione di un allenatore dalla posizione che scotta.
La Roma, con assenze pesanti ed emergenza in difesa, è riuscita a vincere e dominare una partita affatto scontata. Non era scontata perché lo scorso anno contro il Parma la Roma ha perso, perché gli assenti erano tanti e alcuni dei presenti erano reduci da un lungo periodo di lontananza dal campo. Era una partita non scontata soprattutto nel gioco, più che nel risultato. Forse lasciare l’Olimpico con i tre punti non era così difficile da immaginare, ma andarsene dal campo avendo subito un solo tiro (bloccato con sicurezza da Mirante) era oltre le più rosee attese.
Ecco, quindi, che il futuro di Fonseca alla Roma non è più in discussione, almeno per i prossimi tre giorni. Nell’altalena di una piazza isterica fomentata da media privi di argomenti, la panchina giallorossa è ciclicamente stabile e instabile. A niente vale la striscia di sedici risultati utili di fila in campionato, tra la fine della passata stagione e l’inizio di questa; è irrilevante la serie di undici partite senza perdere tra Serie A ed Europa League maturata finora. Questi conti sono macchiati solo dal verdetto a tavolino contro il Verona, partita sul campo terminata in pareggio.
In discussione
Nonostante questi numeri in costante miglioramento, l’avvenire di Fonseca è stato ripetutamente messo in discussione. La sua capacità di gestire la squadra, di capire i momenti di una partita, di trasmettere idee di gioco, è improvvisamente venuta meno. Quanto su questa posizione gravi il peso della tragica partita contro il Siviglia non è dato saperlo. Quella Roma, in effetti, è stata evanescente, inesistente, imbelle. Quella sconfitta, però, è l’unica macchia – pesante, oleosa, dura a morire – in un percorso che, senza quella partita, conta venti gare senza perdere tra la fine della scorsa stagione e quanto visto finora in questa.
Da un punto di vista di risultati, dunque, la squadra ha mostrato una grande continuità. Da un punto di vista del gioco, tuttavia, non è sempre stata solida né dinamica. Era questo che non si perdonava a Fonseca: idee sbiadite e pallide, staticità, eccessivo turnover, preparazione inadeguata delle partite. Così hanno iniziato (o meglio: continuato) a circolare voci e titoli su un suo possibile esonero, su contatti con altri allenatori, su fratture tra lui e la dirigenza.
I nomi trapelati come possibili suoi sostituti vedono un profilo su tutti: Massimiliano Allegri. Era lui che, stando a quanto si diceva fino a un mese e mezzo fa, doveva sedersi al posto di Fonseca alla guida della Roma. Era l’8 ottobre quando si spegneva anche questa trama: nessun incontro tra Allegri e i Friedkin. Era appena andata in scena la terza partita di campionato, quella contro l’Udinese. Le voci insistevano da tempo circa il corteggiamento del tecnico toscano per rimpiazzare il portoghese, eppure la nuova stagione era appena cominciata.
L’imperturbabilità
La Roma di Fonseca, allora, inizia da ben prima del Parma a mettere in fila altri otto risultati consecutivi, tra cui le fulgide vittorie contro Benevento, Cluj e Fiorentina e la solida prestazione contro il Genoa. Nonostante ciò, Fonseca è ancora in bilico e la sua Roma, a detta di molti, “si gioca la stagione” prima di ogni partita. Senza alcun senso, poi, la Roma diventa di colpo una squadra di fenomeni che lotta per i primi posti. La vittoria con i rossoblù ha scardinato le assi dei pensieri e li ha resi più morbidi, tanto che si parlava della possibilità che Fonseca potesse rimanere anche senza qualificazione in Champions League. È il segno tangibile di una narrazione che cambia perché non ha punti solidi su cui reggersi.
La particolarità di Fonseca, però, è il suo essere imperturbabile alla narrazione. Con coraggio e stoica resistenza va avanti per la sua strada e plasma la sua Roma sempre più solida. È coraggiosa la scelta di ieri di impiegare Cristante, da sempre bersaglio di ingenerose critiche. Lo schiera, per di più, fuori ruolo: al centro di una difesa a tre. Allo stesso modo, è coraggiosa la scelta di Borja Mayoral, anche lui bollato per pochi scampoli di partite non brillanti. Il coraggio di convocare (e far entrare) Pellegrini, con un solo allenamento alle spalle dopo il Covid19, è un capolavoro della mentalità spavalda di chi non si lascia scalfire da chi lo vorrebbe continuamente senza pace.
Le conferme
La Roma di Fonseca, come visto non solo contro il Parma, è solida, bella da vedere, identitaria. Cambiano gli interpreti, eppure resta sempre uguale a sé stessa. Terza in campionato con 17 punti, anche se sul campo ne ha conquistati 18, si trova a tre lunghezze di distanza dal Milan capolista; al secondo posto, inoltre, c’è il Sassuolo, che verrà all’Olimpico il 6 dicembre. Non è una squadra da scudetto, ma è certamente una delle squadre più in forma del campionato, insieme proprio ai rossoneri e ai neroverdi.
Ora è il momento delle conferme, del consolidamento, del giro di vite che vede altre nove partite complicatissime in un mese. Forse i risultati non saranno sempre clementi, o forse non lo sarà il gioco; certo è che la Roma sta trovando una sua dimensione e una sua consapevolezza e Fonseca è lo specchio che a questa squadra dà identità. Ora le opinioni si stanno ammorbidendo, ma sicuramente dietro l’angolo sono in agguato nuove speculazioni senza appello né sostanza. La fortuna della Roma, però, è che Fonseca sa stare in bilico con coraggio.