Se a inizio settembre qualcuno avesse detto che, dopo otto giornate di campionato, la Roma sarebbe stata terza in classifica, a -3 dalla capolista, la reazione più probabile sarebbe stata una risata. Isterica. Perché negli occhi di tutti c’era ancora la non-squadra maltrattata dal Siviglia, spaesata dall’improvviso cambio di proprietà e incompleta dopo un mercato condotto tra mille difficoltà. Eppure, a fine novembre, la Roma è davvero terza. Ma non solo.
È terza dietro Milan e Sassuolo, e quindi davanti a quelle squadre che ogni griglia di partenza dava lontanissime. Juventus, Inter, Napoli, Atalanta, Lazio: tutte a distanza di una partita, certo, ma comunque indietro. Ma la Roma non è terza per caso, né grazie ai problemi delle altre. La Roma è terza perché è una squadra solida e sempre più rodata. Sicura dietro, precisa in mezzo, sublime davanti. Imbattuta sul campo da quel maledetto ottavo di finale in Germania. Più completa di quanto si potesse immaginare. Guidata da un allenatore che ha tracciato una rotta precisa e la segue tenendo dritta la barra del timone.
Contro il Parma è arrivato un successo rotondo, frutto di una prestazione autorevole, se non autoritaria. Un successo maturato nell’arco di appena dodici minuti, grazie a tre gol da stropicciarsi gli occhi. Il movimento perfetto di Borja Mayoral, servito da un passaggio illuminato di Spinazzola, per il primo timbro dello spagnolo in Serie A; il capolavoro senza aggettivi di Mkhitaryan; l’azione fulminante che ha spalancato la porta all’armeno per la doppietta personale: sono solo tre degli acuti di una partita che poteva finire molto di più a zero assoluto. Ed era tutt’altro che facile, per tanti motivi. È stata la Roma a renderla tale.
Senza Smalling, Pellegrini e Dzeko, con Cristante centrale, Villar a scintillare in mediana, il ritrovato Karsdorp libero di viaggiare sulla destra e quel Mayoral che secondo tanti era già una causa persa, a non far rimpiangere il bosniaco. Al cospetto di un Parma con il pullman in area e la Freccia Nera pronta a volare dritta e abbattere il drago (giallo)rosso, in una sorta di rievocazione tolkeniana. Poi il pullman è stato ridotto a un minivan, la Freccia Nera era fin troppo spuntata, e sono bastate tre fiammate ben assestate per spazzare via la resistenza crociata.
Metafore letterarie a parte, il 3-0 contro il Parma ha certificato come la Roma sia una squadra in crescita e in fiducia, che non ha paura di esprimere il proprio gioco e tentare anche le cose difficili, dimostrando anche con una certa disinvoltura nel farle. La stessa con cui ora se ne sta lì, terza in classifica, nel silenzio imbarazzato di chi la ritiene più intrusa del Sassuolo. Poco male. Ben venga il profilo basso, perché la corsa è appena iniziata ed è piena di insidie. Sarà un ciclo terribile di nove partite a chiarire in modo inequivocabile quale sia la dimensione di questa Roma così bella, così in crescita, così in fiducia. Alla vigilia del quale è lecito chiedersi “e ora che si fa?“
Intanto, ci si gode il momento positivo. Sembrerà banale, ma non lo è. A maggior ragione perché Roma si auto-alimenta di energie negative provocate dall’incessante, vuoto chiacchiericcio su qualsiasi amenità, tra totonomi e polemiche vecchie di anni. E poi si guarda avanti. Non alla Vigilia di Natale, con l’ossessione della tabellina del 3, ma a domani, e non in senso metaforico. Al prossimo calciatore recuperato, al prossimo allenamento, alla prossima formazione, al prossimo impegno. Da affrontare senza pressioni di sorta, perché è così che la Roma si è issata al terzo posto dopo otto giornate. Nel silenzio generale, quasi a fari spenti, addirittura con più rimpianti che sospiri di sollievo. E allora testa a Cluj, per chiudere la questione Europa League e viaggiare ancora più spediti verso Napoli. Dopo i tre gol e il terzo posto, è il momento di lasciare la terza e inserire la quarta.