Solo altri 5 minuti, Edin

Fa caldo. La temperatura raggiunge picchi alti e si colora di sfumature che solo Roma sa regalare. Un caldo come una tortura. Ma c’è rumore, lì in fondo all’aeroporto. Dal Varco 5 dell’aeroporto di Fiumicino c’è una fiumana di gente che urla, canta, balla e intona cori. È il suono della felicità, si riesce a capirlo anche a questa distanza.

È il 6 agosto 2015. Fa caldo. Il calore ha raggiunto picchi fantascientifici, ma a nessuno sembra importare nulla. Si continua a cantare, ridere, sudare ed essere felici. È la trasposizione materiale della felicità. Un concetto che spesso viene definito astratto perché chi la pensa così non è stato all’aeroporto di Fiumicino il 6 agosto del 2015. Ci sono oltre 3000 persone ad aspettare.

“Ma chi aspettate?”, chiede un signore in attesa di prendere il suo aereo. “Edin”, risponde un ragazzo. O forse era un signore. No, meglio ancora: “Edin”, risponde la folla in coro, ripetendolo ogni volta con maggior entusiasmo. Neanche è sbarcato a Roma Edin, ma è già “Edin”. Uno di casa. Uno di cui ti fidi e a cui ti affidi. Uno che quando lo vedi in campo sei più tranquillo, che quando lo vedi soffrire soffri con lui. Uno che quando segna ti ricorda che sì, era davvero la felicità materiale quella che stavi provando il 6 agosto 2015, non era un’illusione.

ALTRI 5 MINUTI

Dai, Edin, altri 5 minuti. Che saranno mai, in confronto ai 5 anni che abbiamo vissuto insieme? Ma ti ricordi tutto quello che abbiamo passato a guardarci occhi negli occhi senza mai abbassare lo sguardo?
Io sì, ricordo tutto. Roma ricorda tutto. A partire da quando quel 6 agosto del 2015 sei sceso dall’aereo. Ci hai fatto il tuo primo sorriso e altro che colpo di fulmine, ci hai direttamente arsi vivi. Un sorriso che sapeva di promessa. “Vi prometto che non vi dimenticherete mai di me”, ha detto quel sorriso. Una minaccia, forse. Oppure una splendida condanna.

Ma d’altronde vale la pena rinunciare a vivere l’amore sapendo che un giorno finirà? No. E infatti ti abbiamo amato. E siamo stati amati da te. Un amore reciproco che sopravvivrà allo scorrere del tempo. Perché la sabbia che cade in un’eterna clessidra non potrà mai sommergere la tua mole da sfinge romana. Anche se tu, Edin, non sei mai stato un faraone. E neanche un imperatore, né un condottiero. Sei stato un’emozione. Volubile, imprevedibile, aeriforme, impossibile da inquadrare ma proprio per questo prezioso. Sei stato un insegnamento, non un insegnante.

Quando ci hai fatto quel primo sorriso ci hai autorizzato a darti del tu, a chiamarti Edin, anche se noi, da almeno un paio d’ore, già ti chiamavamo così. E questa assoluta sincerità nel rapporto è stata una perpetua linfa alla storia d’amore tra i tuoi gol e le nostre urla, tra i tuoi sorrisi e i nostri abbracci.

FLUSSO DI COSCIENZA

I ricordi sono un’arma potentissima. Un seme che vive dentro di noi e che cresce proporzionalmente alla grandezza del sentimento provato. Per questo ogni romanista oggi dentro di sé osserva i frutti dolorosi di una semina durata 5 anni. E i ricordi sgorgano senza senso, tempo o razionalità. Un flusso di coscienza travolgente che manda in apnea.

Dal sorriso del 6 agosto 2015 alla faccia desolata della prima stagione, un incubo che ha ingoiato te e noi. È stata una prova di forza che ci ha dimostrato che se si ha la forza di resistere ai problemi, allora sì che vale la pena respirare tutte le molecole che un amore sa regalare, anche se consapevoli che un giorno finirà. Ma nelle notti di Stamford Bridge, quella contro il Barcellona, contro la Juventus all’esordio all’Olimpico, a Napoli, alla prima contro il Torino, a Milano, nei derby, sembrava che il giorno del commiato non sarebbe arrivato mai. Ci siamo amati così tanto da non renderci conto che il tempo è passato in fretta. Maledettamente in fretta.

E ora si è fatto tardi. Devi partire. Devi svuotare l’armadietto e andare a firmare un altro contratto, prima di vestire una nuova maglia.
Ma sai una cosa Edin, io non ho rimpianti. Ti ho amato da quando quella folla di 3000 anime sudate ma estasiate ti aspettava al Varco 5 dell’aeroporto di Fiumicino.

Era il 6 agosto del 2015 e faceva caldo.
Noi cantavamo “Edin” e tu ci sorridevi.
Un amore così ha una data d’inizio, ma non una di fine.
Ricordati di noi, Edin, prima di chiudere gli occhi la notte.
Dai, già che siamo qui, aspetta ancora un po’.
Altri 5 minuti.
Solo 5 minuti.
Che saranno mai, in confronto ai 5 anni che abbiamo vissuto insieme?