Perché non si può dire che Pellegrini abbia sbagliato?

Nel calcio al tempo dei social, anche (o forse specialmente) a Roma, basta davvero poco per creare un “caso“. Basta uno sguardo enigmatico, un gesto scomposto, una dichiarazione fuori dalle righe. Ieri, dopo il frustrante pareggio contro il Sassuolo, è toccato a Lorenzo Pellegrini. Evidentemente e legittimamente infastidito da qualche insulto di troppo letto in giro, il vice capitano giallorosso ha risposto dando dei “falliti” a chi criticava non lui, ma “tutti“. La sensazione, tuttavia, è che quelle parole fossero indirizzate anche e soprattutto a chi, invece, aveva messo nel mirino proprio lui. Comprensibile. Lo avrebbe fatto chiunque, al suo posto. Ma non è questo il punto del “caso Pellegrini“, ammesso che esista.

Gli insulti a Pellegrini e la sua dura risposta sono solo la punta dell’iceberg di un dibattito più ampio tra due fazioni contrapposte. Da una parte chi lo critica, più o meno per partito preso e per i motivi più diversi; dall’altra chi lo sostiene, più o meno per partito preso e per motivi quasi opposti. Il sottoscritto, lo ammette senza problemi né auto-censure, fa parte della prima. E non per partito preso, ma per un motivo. Uno solo, e molto semplice: la caratura calcistica di Lorenzo Pellegrini.

Che, per il sottoscritto, è un calciatore forte, talentuoso, giovane e con ancora ampi margini di miglioramento. Il problema sorge nel momento in cui è lo stesso Pellegrini a non sembrarne consapevole. Come è successo ieri, nell’azione che ha portato al gol annullato a Mkhitaryan e scatenato dita contro Pellegrini. Che poi si è parzialmente riscattato nella ripresa, sfoderando un’ottima prestazione, ma non è riuscito a far dimenticare l’errore commesso alla fine del primo tempo.

Quando, solo davanti a Pegolo in uscita, invece di calciare in porta, ha preferito servire una palla lenta e prevedibile a un evidentemente sorpreso Dzeko, che non ha potuto evitare di commettere fallo e vanificare il gol del suo compagno di reparto. Pellegrini ha sbagliato. Due volte. La prima, a non calciare in porta. La seconda, a mettere in mezzo una palla così poco convinta. Si può, anzi, si deve dire (ovviamente senza scadere nell’insulto). Per il bene di chi scrive, di chi legge e anche dello stesso Pellegrini. Eppure, sembra che non si possa dire.

Perché, automaticamente, scatta un’immediata levata di scudi in nome di un romanismo tanto acceso quanto accecato dal tentativo di proteggere Pellegrini (ma vale anche per altri) da qualsiasi critica, fosse anche la più motivata. Se non è sano insultare, non lo è neanche questo. Perché a poco servono cifre, statistiche e tutto ciò che oggi aiuta a comprendere meglio il calcio. Sottolineare l’errore di Pellegrini non significa sminuirne le doti o la prestazione fornita contro il Sassuolo.

Perché i numeri potranno anche porre Pellegrini in cima a ogni classifica di rendimento della Serie A, ma il sospetto che la Roma avrebbe 2 punti in più se, in quel momento, Pellegrini avesse fatto una scelta diversa, c’è ed è forte. Dire questo (senza insultare, repetita juvant) significa caricare il peso del pareggio (viziato da gravissimi errori arbitrali) sulle spalle di Pellegrini? No.

Significa, almeno per il sottoscritto, sottolineare la delusione di vedere, per l’ennesima volta, Lorenzo Pellegrini negare a sé stesso, ai tifosi e alla Roma il proprio talento. Perché Pellegrini è assolutamente in grado di fare gol solo davanti a Pegolo, o di servire meglio Dzeko, o di calciare decentemente un corner, o una punizione, ma ieri non l’ha fatto e spesso non lo fa. Per quali motivi, è difficile da stabilire. Forse non li conosce neanche Pellegrini stesso.

Quel che sia, non è certo con gli insulti che lo si aiuta. Ma neanche con le difese dogmatiche, per quanto in assoluta buona fede romanista. Forse non lo si aiuta neanche con le critiche motivate, e allora sarebbe un caso senza speranza, almeno da un punto di vista degli stimoli esterni. Ma chi scrive è convinto che non sia così. Che Pellegrini, in quanto calciatore forte, in quanto romano e romanista, sappia prendere queste critiche nel modo giusto e trasformarle in carburante per prestazioni di alto livello come quella contro il Sassuolo. Facendone una pietra angolare su cui costruire una stagione all’altezza del suo talento. Per sé stesso, per i tifosi e soprattutto per la Roma.