L’amore tormentato tra Totti e (la) Roma

Da quando ha lasciato il calcio giocato, Totti non ha comunque smesso di far parlare di sé, specialmente in relazione a un aspetto principale: il suo rapporto con la Roma. Eterno capitano, intramontabile numero 10, simbolo della città che rappresenta, idolo incontrastato nell’Olimpo delle divinità calcistiche: è (stato) tutto questo e anche di più. Ora, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, tornano ciclicamente a farsi strada notizie circa un suo ricongiungimento ai colori giallorossi. Che sia in una veste in giacca e cravatta dietro a una scrivania oppure in tuta sugli spalti di qualche campetto di provincia, un ritorno di Totti nella Roma è uno scenario che manderebbe in visibilio i tifosi.

Già, perché una Roma senza Totti è impensabile e inimmaginabile; allo stesso modo, un Totti lontano da Trigoria è difficile da accettare e da assorbire. Lo stesso ex capitano ha reso il distacco molto doloroso a partire dalla lettera ai tifosi nella sua ultima partita, fino ad arrivare alle dichiarazioni successive, ufficiali e non. In questo, però, occorre fare una precisazione: la lettera recitata dal prato dell’Olimpico in lacrime era necessaria, come alcol che disinfetta una ferita seppur bruciando; di ciò che è arrivato dopo, invece, non se ne sentiva davvero il bisogno.

Le interviste in cui lamentava una bassa considerazione da parte della dirigenza, le dichiarazioni estemporanee in cui sottolineava di non poter entrare a Trigoria, la conferenza stampa di saluti dai cui microfoni ha elogiato Pellegrini e affossato Florenzi: sono parole che pesano come macigni. Per questo il tema ricorrente di un possibile ritorno di Totti nella Roma porta in dote un cortocircuito: la misura nella comunicazione.

La comunicazione della Roma: tra Ünder e Petrachi

La comunicazione della Roma è improntata alla diplomazia, alla discrezione, all’utilizzo di toni dimessi – a volte anche fermi, ma mai alterati o fuori dai denti -. Le note ufficiali e le dichiarazioni degli addetti ne sono un esempio lampante. Un caso eclatante, poi, è quello di Ünder e l’offensiva turca in Siria nell’ottobre dello scorso anno. Con un tweet, Ünder aveva mostrato il suo appoggio all’esercito patrio pubblicando una foto con la maglia giallorossa di una sua esultanza col saluto militare.

Un’ondata di sdegno e di critiche è piovuta sull’esterno ora al Leicester e molti tifosi hanno invocato un intervento della Roma. La Roma, però, ha scelto di non esporsi. Naturalmente questo è un caso estremo: si parla di una questione politica e infinitamente più complessa di un contesto di calcio; tuttavia, ci sono state squadre in giro per il mondo che hanno messo fuori rosa i loro calciatori solidali con l’attacco turco. Si trattava di un confine sottile che si poteva varcare oppure no: era una questione di scelta, appunto.

Per tornare a situazioni di calcio, invece, un parallelismo lampante porta a un altro nome ultimamente ricorrente nelle cronache romaniste: Gianluca Petrachi. Metterlo al bando per qualche scelta lessicale poco felice è un comodo esercizio di ragionamento, ma la questione è più profonda. Ciò che Petrachi non è riuscito a fare nella Roma è adeguarsi allo stile comunicativo della società. Comunque la si pensi su ciò che l’ex DS giallorosso diceva, era evidente uno scollamento tra il suo modo di rendere pubbliche situazioni interne alla società e l’apparato comunicativo della Roma nella sua totalità.

Fuori e dentro: l’incompatibilità

In questo, la ruvidità della comunicazione di Petrachi è molto simile a quella di Totti. Non vi sono limiti ai pensieri né al modo di esprimerli. Ciò che manca è, appunto, la misura. Nel caso di Totti, inoltre, non v’è neanche ponderazione circa le conseguenze che le sue parole hanno sulla Roma e sull’ambiente che la circonda. Totti gode quasi di immunità e di infinito credito con la piazza, e lo sa. La narrazione su di lui ne ha, da subito, sovrapposto il profilo del calciatore in campo a quello del professionista fuori, rendendoli inscindibili.

Il Totti calciatore in campo, però, è molto diverso dal professionista fuori. In campo Francesco Totti è stato un pittore capace di far alzare in piedi l’intero Meazza e l’intero Santiago Bernabeu. Fuoriclasse indiscusso e indiscutibile, prendeva i riflettori e li puntava su di sé con una facilità disarmante. Innamorarsi di lui è stato semplice, per questo lasciarlo andare è stato come perdere un pezzo di cuore. Il professionista fuori dal campo, però, è stato più volte manchevole di misura e di ponderazione. Dalla sua voce sono spesso risuonate parole di chi si è fatto schiacciare da una narrazione forte e netta, che ne ha allargato i limiti del “politicamente corretto” fino ad annullarli.

Un altro parallelismo, allora, non può che pescare Daniele De Rossi: idolo della tifoseria (quasi) quanto Totti, ma sostanzialmente diverso nei comportamenti. De Rossi, al contrario, da questa narrazione se ne è saputo distaccare ed elevare, indebolendola per trarne forza lui stesso. La capacità di misurare le sue parole e di improntare interviste e dichiarazioni verso toni fermi ma lucidi è il valore che a Totti è sempre mancato.

Per questo un ritorno di Totti nella Roma appare improbabile: lo stile Roma è quanto di più lontano dallo stile Totti.