Forse è prematuro, forse è esagerato, forse è addirittura sbagliato: ma non si può non parlare di Gonzalo Villar in questo momento. Cioè forse si può anche non parlarne ma io voglio, e anche se brevemente lo farò.
Il ragazzo arrivato a gennaio scorso dall’Elche (Segunda Division, la Serie B spagnola) ha messo in campo poche presenze e un minutaggio non elevato (parliamo in tutto di 329′ distributi in 14 presenza totali tra Serie A ed Europa League), ma ha fatto comunque in tempo a far vedere qualcosa di bello.
Non ha fatto gol, non ha fatto assist, non lo stiamo giudicando per questo, non è questo il focus. Lui ha fatto altro: in primis ha dimostrato personalità, una merce spesso rara, soprattutto per chi arriva da un altro campionato, è giovane e si deve misurare con una piazza esigente come quella giallorossa. Basti prendere ad esempio la partita fatta da titolare contro la Juventus allo Stadium, poi vinta: quella prestazione è rimasta negli occhi, perché era certamente un match di fine stagione, ma sempre contro i campioni d’Italia a casa loro. Dimostrarsi all’altezza è un dato affatto banale perché molti hanno fallito nel tentativo, ultimo della lista un ragazzo costato 42 milioni che la parola personalità non sa neanche cosa voglia dire. Postilla per le vedove del Ceco: non venite a dirmi che giocare a Lipsia o Leverkusen valga in termini di pressione quanto vestirsi ogni domenica dei colori della Capitale, grazie.
Ma torniamo a noi. Personalità dicevamo, caratteristica importante per un giocatore, forse ancora di più per uno che gioca in mezzo al campo e deve toccare e gestire tanti palloni durante un match. E sin dal primo minuto giocato con la maglia della Roma addosso, Villar non è si tirato indietro: il pallone non gli scotta fra i piedi, chiama i compagni anche quando è pressato, si prende la responsabilità del passaggio lungo o della verticalizzazione, se sbaglia prova a recuperare, “picchia” e magari si prende un giallo, ma è sempre presente, sia che giochi un minuto che novanta. Potenziale leader, appartiene a quella categoria di centrocampisti che ti rubano l’occhio, perché gioca a testa alta, è elegante, tecnico, bello da vedere e un filo sfrontato. Sicuramente deve ancora crescere tanto e avrà tempo di farlo, ma la sensazione è quella di uno destinato a recitare un ruolo da protagonista. Non ci ha ancora fatto vedere il buon tiro di cui è dotato, speriamo lo faccia presto, magari trovando anche il primo gol romanista.
Ieri sera, col Benevento, il riassunto di quello che abbiamo detto si è visto sul terreno di gioco: il passaggio per Mkhitaryan che porta poi al 4-2 di Dzeko è roba per palati fini. Gonzalo ha danzato sul pallone, ha aspettato a giocarlo dando l’impressione di perdere un tempo di gioco e invece ne ha guadagnati due, mettendo i compagni del reparto avanzato in porta. Un passaggio chiave, una giocata da calciatore forte in un momento della gara delicato. Lo abbiamo capito tutti in quel momento, pure gli scettici, dalla tv o dallo stadio ( in pochi purtroppo) abbiamo avuto lo stesso pensiero: la Roma ha un piccolo tesoro tra le mani, un diamante grezzo da lavorare.
Fonseca nella conferenza stampa alla vigilia del match col Benevento era stato sollecitato sullo spagnolo, rispondendo che avrà sicuramente più spazio nel corso della stagione. E dobbiamo augurarcelo tutti quanti credo.
I tifosi della Roma hanno bisogno di sognare a occhi aperti, di coccolarsi un prospetto di grande giocatore: dandogli però tutto il tempo di cui ha bisogno per crescere, tutto l’amore che sanno dare, tutto il supporto possibile. Allora sì, penso proprio che ci potremo divertire con Gonzalo MeraVillar.