La prima uscita stagionale della Roma si è portata con sé molto dubbi. Inevitabilmente tutti i riflettori sono puntati sulla zona avanzata del campo, là dove Mkhitaryan, Pellegrini e Pedro hanno tentato di sopperire alla mancanza di un numero 9. Assenza pesante, che si è sentita in ogni azione e che va colmata prima della prossima partita contro la Juventus. Dzeko, Milik, Napoli, Juventus, De Laurentiis, Paratici, una partita a scacchi che per il momento ha penalizzato solo la Roma, dato che sia i partenopei che i bianconeri hanno vinto senza troppi patemi il primo test stagionale.
Ma prima di puntare il dito contro Fonseca chiedendone la testa, bisognerebbe analizzare globalmente la partita contro l’Hellas Verona. Dalla squadra in campo agli uomini in panchina, di attenuanti per il coach portoghese – pur non esente da colpe – ce ne sono.
Ma se davanti c’è un’immensa luce puntata sul numero 9, dietro c’è una grande ombra che avvolge il ruolo di portiere. In realtà il discorso può essere semplificato a un concetto elementare: Mirante merita la titolarità, Pau Lopez no. E infatti Mirante è stato il titolare contro gli scaligeri, mentre Pau ha guardato il match dalla panchina. Ma il discorso del portiere è aperto dalla scorsa stagione. In particolare, ci sono due date chiave fondamentali da analizzare per comprendere la spinosa questione.
DERBY E MICROFRATTURA
La prima data è il 26 gennaio 2020. Dopo un girone d’andata giocato su livelli ottimi, Pau Lopez è crollato. L’acquisto del portiere spagnolo in estate era stato oneroso, ma le sue prestazioni fino alla fine di gennaio sono state ottime. Nessuno perciò metteva in dubbio la bontà delle sue qualità. Poi il derby. Il primo vero errore clamoroso della sua avventura romana, avvenuto nella partita dove ogni errore viene ricordato in eterno. Ma un errore non può compromettere un’intera stagione o, peggio ancora, una carriera. Il peso dello sbaglio ha minato ogni certezza di Pau Lopez, che da quella partita ha perso la sicurezza di uscire dai pali ma anche quella di giocare con i piedi, caratteristica che ha spinto la Roma a investire su di lui per impostare il gioco dal basso.
Poi c’è il 13 maggio come ulteriore turning point dell’annata. Dopo due settimane di allenamento individuale post lockdown, lo spagnolo ha riportato una microfrattura al polso sinistro che ne ha causato uno stop di quasi un mese. Nessuna operazione, solo una terapia conservativa che lo ha portato a perdere le prime tre partite dopo lo stop da Coronavirus. Poi il rientro e la stabile titolarità che lo ha accompagnato sino all’ultima gara: quella d’Europa League contro il Siviglia.
DEMERITI
E se la partita contro il Siviglia è stata l’ultima della Roma della scorsa stagione, di sicuro parte dei demeriti sono anche di Pau. Attenzione: parte dei demeriti non vuol dire che è stata tutta colpa delle sue non parate – anche se di sicuro se avesse evitato il vantaggio del Siviglia sul tiro prevedibile di Reguilón sarebbe stato meglio.
E gli errori contro gli spagnoli non sono stati gli unici del suo finale di stagione. Nonostante la titolarità, difatti, Pau Lopez non ha mai più riacquistato il livello di gioco che lo ha accompagnato fino al derby. E nemmeno quello prima dell’infortunio al polso. Una combinazione di problemi tecnici, fisici e mentali che lo hanno portato a scivolare sempre più giù. Esemplare in tal senso l’amichevole giocata contro il Cagliari appena un paio di settimane fa: incertezza nelle uscite, nel giocare il pallone e nel dirigere la difesa.
Tanto che alla domanda in conferenza pre Hellas Verona – Roma “Punta ancora su Pau Lopez o giocherà Mirante?”,la risposta è stata nebulosa: “Domani vediamo”.
E il domani ha portato il nome di Antonio Mirante. 37 anni sulla carta d’identità e una solidità di base che ad oggi lo rende il portiere titolare della Roma. Niente di eccessivo, l’ex Parma, solo un’essenzialità di vitale importanza per i giallorossi. Mai una parola fuori posto, una costanza esemplare, discreto utilizzo dei piedi e riflessi salvifici. La normalità che si era persa con Pau.
E ORA?
Al netto di tutto ciò, però, c’è un discorso più profondo che va affrontato. Ora che si fa? Il rischio concreto è quello di perdere definitivamente Pau Lopez, portiere di 25 anni – 12 in meno di Mirante – nonché il più pagato della storia romanista. Ma se da una parte si rischia di svalutare totalmente il giocatore, dall’altra insistendo con lui in porta il rischio molto più concreto è quello di avere meno certezze e, banalmente, si alza la probabilità di subire gol.
Inoltre le vie del mercato ad oggi sembrano bloccate, perché i sondaggi che nel mese di agosto si erano materializzati da squadre estere per l’estremo difensore non si sono trasformati in trattative. Quasi tutte le squadre ora hanno sia primo che secondo portiere e perciò è utopia pensare di piazzarlo entro il 5 ottobre. Bisogna anche pensare che il suo peso a bilancio è troppo elevato rispetto al suo valore attuale.
L’unica via percorribile perciò è quella di affidare le chiavi della porta a Mirante. Sperando che dietro alla sua ombra Pau Lopez smarrisca paure e incertezze.
E ritrovi se stesso.
Il portiere che la Roma ha deciso di acquistare soltanto la scorsa estate.