Ieri sera è andata in scena la seconda partita di Europa League dei giallorossi. A raggiungerli all’Olimpico sono stati i bulgari del CSKA Sofia, in un momento tutt’altro che positivo e dal gioco tutt’altro che irresistibile. La partita è terminata in un amaro pareggio a reti bianche da cui la Roma è uscita con qualche patema e qualche occasione mancata di troppo. La nota dolente che più di tutte ha risuonato dal campo è che la squadra delle seconde linee non ha la verve necessaria per permettere ai titolari di prendersi un turno di riposo. In evidenza soprattutto nel reparto offensivo, la mancanza di cattiveria nelle alternative in campo ha un esempio lampante su tutti: Borja Mayoral. Tanto in Young Boys-Roma quanto ieri sera, il giovane attaccante spagnolo non ha inciso nei (non molti) minuti in cui è sceso in campo.
Nella partita di ieri in particolare ha giocato quasi tutta la gara ed è uscito a dieci minuti dalla fine per far posto a Edin Džeko. Negli ottanta minuti a sua disposizione, Borja Mayoral è sembrato un corpo estraneo alla manovra della Roma e inglobato nella difesa del CSKA. Spesso è mancato nelle scelte finali, nei movimenti, nelle uscite dalla marcatura. È stato difficilmente trovato dai compagni e, quando negli ultimi metri, non ha saputo essere decisivo. La sua prestazione, insomma, ha fluttuato tra l’impalpabile e l’inconsistente.
Cosa e perché
Forse per carenza di lucidità, forse per difficoltà nell’inserimento in una realtà così particolare come il campionato italiano, forse per il peso di dover uscire dal guscio all’ombra del carisma di Džeko: di motivi per cui il 23enne di Parla, comunità autonoma di Madrid, stia faticando a brillare possono essercene molti. L’impressione, per ora, è quella di essere un rimpiazzo di Kalinić più che un’alternativa al Cigno di Sarajevo: ottimo per far tirare il fiato al bosniaco nelle partite meno impegnative, ma non all’altezza di palcoscenici più caldi.
Comunque la si guardi, Borja Mayoral ha calcato solamente due volte il campo, senza mai terminare la partita: 79′ contro il CSKA, 59′ in Young Boys-Roma. Se si contano anche i mesti sei minuti contro il Benevento, il totale è di 135 minuti giocati: davvero troppo pochi per una valutazione definitiva. A ben guardare, la difficoltà a tirare fuori la sua pasta nasconde un bagaglio tecnico tutt’altro che trascurabile. È abile nel gioco aereo e capace di usare entrambi i piedi, ha corsa e dribbling; il limite mostrato è squisitamente tattico, nella lettura del gioco. Con un profilo come quello di Džeko in primo piano, che è sempre molto coinvolto nella manovra della squadra e che si spende in compiti non prettamente da punta, lo scarto in tal senso salta all’occhio come una macchia di vino su una tovaglia bianca.
Il tempo
Nelle parole di Fonseca, comunque, Borja Mayoral non è bocciato: l’ha ripetuto anche nella conferenza pre Roma-CSKA, insistendo sul tempo. La scelta lessicale del tecnico portoghese è particolare: Borja Mayoral ha bisogno di tempo, eppure ha giocato appena 135′; gli serve tempo per ambientarsi, inserirsi, confrontarsi, crescere, ma entro i confini di Trigoria. In campo, fuori dal Fulvio Bernardini, il tempo per lui ha un minutaggio di scadenza. La sensazione è che Fonseca lo lasci dentro fin quando può permettersi di avere un risultato che non si sblocca, poi cala il Deus ex machina di Sarajevo. Una convivenza tra i due nel rettangolo verde sembra troppo ardita da ipotizzare, eppure potrebbe essere una soluzione per qualche scampolo di partita: permetterebbe di dare minuti allo spagnolo e di sfruttare l’attitudine del bosniaco di spendersi per mandare i compagni in porta. È uno scenario di cui probabilmente rimarrà traccia solo in queste righe.
Il tempo per Borja Mayoral è stato per ora clemente nelle sentenze: senza tempo a disposizione, i giudizi non possono mai essere accurati. Il credito, naturalmente, non è infinito, ma adesso sembra davvero un azzardo senza fondamenta tacciarlo di non essere all’altezza della Roma.